L’istituenda Commissione, che entrerà in vigore il prossimo 16 aprile, è l’espressione concreta di una linea di razionalizzazione che si vorrebbe dare al nostro sistema bancocentrico.
Un sistema che come minimo per sintonizzarlo alla società ha bisogno di una generale messa a punto.
Se non addirittura di un vero e proprio ammodernamento.
E per la verità doveva essere sufficiente a convincere dell’opportunità di questa inversione di rotta, la semplice constatazione dei risultati conseguiti.
Invece, nel dubbio che la nuova Commissione bicamerale si potesse trasformare in un tentativo di riforma, il via libera è assiomaticamente arrivato con le “regolette” nessun processo riformatore, trattandosi di banche, potrà mai esserci.
Un muro alzato a difesa di Palazzo Koch.
In pratica all’organo investito della responsabilità di fare luce sugli scandali creditizi e le anomalie dell’intero sistema bancario, arriva prima del si, un altolà.
Il dubbio, secondo Mattarella è che l’attività della Commissione si traduca in un processo pubblico a Bankitalia e provochi, in un momento come questo e col pericolo di una nuova crisi finanziaria, una destabilizzazione al settore del credito bancario.
Questi i motivi o gli alibi messi avanti dal Capo dello Stato per scoraggiare qualsiasi interferenza della commissione sulla libertà di iniziativa delle banche e le morfologie applicative utilizzate da queste nell’esercizio dell’attività. L’avvertimento è chiaro: rispetto per l’autonomia delle autorità di vigilanza e niente interferenze .
Principi e preoccupazioni condivisi anche da Maria Elisabetta Alberti Casellati, che nel suo discorso ribadisce “i componenti della commissione d’inchiesta saranno esperti del settore”.