Un'altra causa d'inquinamento.
Già prima dell’emergenza sanitaria, stando a uno studio del 2017 pubblicato sulla rivista Science, il mondo in meno di sett’antanni aveva prodotto più di 6,3 miliardi di rifiuti di plastica con un riciclo di appena il 9%.
Mentre una stima del 2018 di UN Envirnment evidenzia che ogni anno ben 13 milioni di tonnellate di plastica finiscono negli Oceani.
Una situazione che strategie inadeguate di gestione e smaltimento dei rifiuti messe in atto sotto pressione sanitaria sono destinate ad aggravare.
Attualmente l’uso mensile di guanti e mascherine necessario per proteggere i cittadini in tutto il mondo, è stimato in 129 miliardi di maschere, e 65 miliardi di guanti il cui mercato globale quest’anno si prevede in crescita di oltre l’11%, pari a 330 miliardi di pezzi.
L'inversione di marcia che preoccupa
La corsa verso la plastica usa e getta scatenata dal COVID- 19 che sta causando un mutamento nella direzione di sviluppo, ha innescato due conseguenze.
La prima che maschere, guanti, visiere, camici, contenitori, non possono essere riciclati – sarebbe troppo costoso -.
La seconda, una guerra di prezzi tra plastica nuova e riciclata. Tutta a danno delle aziende di riciclo schiacciate dalle quotazioni a ribasso del petrolio e dagli elevati costi di produzione.
Un’inversione di tendenza che arriva mentre i pacchetti di recupero promuovono gli obiettivi ambientali e accelerano il cambiamento strutturale verso la transizione a basse emissioni di carbonio.
L’Unione europea dal 2021 prevede di vietare molti articoli di plastica monouso – con l’attuazione della plastic tax – e anche il Senato degli Stati Uniti sta valutando il divieto per la plastica usa e getta con l’introduzione di obiettivi di riciclaggio.
Proprio quando i politici di molti paesi hanno promesso di fare la guerra ai rifiuti della plastica monouso, è scoppiata la pandemia.
Per gli industriali dei combustibili fossili il virus non poteva essere più tempestivo.
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