
Dopo due giri di consultazioni andati a vuoto, inizia la fase esplorativa e i colloqui con i partiti per verificare eventuali ipotesi di maggioranza.
Uno dei generati dal M5S meno comprensibile, la capacità di arrivare ad essere l’unica possibilità di una formazione di governo, per poi sfilarsi per non dover salire a compromesso . Almeno in apparenza.
Le pregiudiziali sono le sempre stesse evitare una contaminazione con gli altri partiti di cui tuttavia riconosce e sa di avere bisogno per non perdere la prerogativa della “purezza” e guadagnare consensi.
I risultati elettorali del 4 marzo, hanno ridato attualità ai problemi istituzionali. Essenzialmente due: il primo problema quello della governabilità, il secondo quello della rappresentanza.
Ne è riprova il fatto che a più di quaranta giorni di distanza dal voto, anziché avere un governo forte persino anti-establishment, e un Parlamento già insediato, che avrebbe, considerati i seggi ottenuti complessivamente dai due principali blocchi, la forza necessaria per lo svolgimento della sua funzione e pronto a discutere anche in Europa fondamentali questioni di immigrazione e bilancio, che non aspettano; si assiste a un vero e proprio scontro di potere.
Una vocazione per il comando.
Forse se avessimo votato con un’altra legge elettorale, oggi il Prof. Luigi Di Maio avrebbe una solida maggioranza e non avrebbe bisogno di negoziare. Però non ha una maggioranza e tutto considerato forse è un bene. Alla fine delle parole, fa capire la sua vocazione che, non è proprio politica, cioè per l’organizzazione, l’amministrazione dello stato e la direzione della vita pubblica, è per il comando.
Può darsi che un sano esercizio del compromesso, magari camuffato da contratto, possa offrire al leader grillino una via di fuga dall’angolo nel quale è stato costretto, ma è tutto da verificare.
Intanto resta il tono ultimativo di Mattarella, deciso a sbrogliare la matassa in tempi decisamente brevi.
I temi sono urgenti. Alla solite questioni del DEF, del debito pubblico totalmente fuori controllo, della crescita che stagna, si aggiungono le tensioni internazionali, quella della guerra siriana in cima, e la posizione degli Stati Uniti che non sostengono più un approccio al commercio multilaterale e sono una ulteriore fonte di instabilità.
“…gli ordinamenti mutano quando v’è ricambio non solo di classi dirigenti, ma di forze politiche istituzionalmente alternative alla guida di un paese.”
Insomma piaccia o no, serve subito un governo con pieni poteri, che affronti le crisi. Ma il contrasto tra interessi partigiani e veti reciproci, arenato nelle secche dell’orgoglio, ha ricreato condizioni da campagna elettorale. Almeno per il momento.
E’ stato detto che gli ordinamenti istituzionali fanno corpo con le forze politiche e storiche che li hanno creati, e che gli ordinamenti mutano quando v’è ricambio non solo di classi dirigenti, ma di forze politiche istituzionalmente alternative alla guida di un paese.
Il PD entra in gioco e i Cinque Stelle si fanno abbindolare.
Ebbene il mutamento eccolo.
I due vincitori, che con l’accordo sui presidenti delle Camere avevano cominciato bene, sono immediatamente scivolati in uno stallo che rischia di riportarci al punto di partenza per l’incapacità di dialogare. E non è tutto. A 44 giorni dal voto siamo al paradosso. Mentre uno non molla e l’altro non cede, dopo una lunga, strategica ritirata, torna in scena il PD, con tre proposte per dare il segnale. siamo pronti ad entrare nel governo.
In questo scenario, in cui tutti giocano la propria partita, non c’è dubbio che si troverà il modo per ricominciare dall’ennesima revisione della legge elettorale. Un punto che doveva essere stato già ampiamente superato.
In conclusione
Con il referendum costituzionale, l’elettorato infatti, non aveva mostrato solo oculatezza, ma aveva espresso anche un gusto e una propensione per l’eliminazione di qualsiasi incertezza sulle regole del gioco.
Ma ora la mossa del PD che apre sul M5S introduce un nuovo elemento e vuoi vedere che, gira che ti rivolta riescono di nuovo a procrastinare l’alternanza che è già nei numeri?
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