
Dopo la pandemia
e la scoperta del lavoro da casa, uffici vacanti

Per quanto riguarda i grandi centri urbani americani, la pandemia Covid non è ancora finita. Ad oggi, secondo dati che arrivano dagli Usa, in molte delle principali metropoli del Paese oltre il 20% degli uffici sono rimasti vuoti anche dopo la fine dei lockdown: ciò con la conseguente ‘scoperta’ del Work From Home e, più in generale, il semplice rifiuto di molti dipendenti di tornare stabilmente in sede anche dopo la fine dell’emergenza sanitaria.
Le città degli Usa maggiormente colpite dal fenomeno sono, nell’ordine: San Francisco (27,3% degli uffici ora sfitti), Dallas (24,6%), Chicago (24,3%) e Atlanta (23,9%). Il dato medio dei centri metropolitani americani mostra un calo del 18,2%. New York ne esce relativamente bene, al -15,6%. In genere però i finanziamenti concessi per queste strutture prevedevano per la copertura solo il 5% dello spazio sfitto…
I conti ora non tornano più. Numerosi spazi immobiliari costosi sono improvvisamente diventati per i proprietari dei white elephant, ‘bestie’ che generano costi e consumano risorse senza rendere niente. La parte peggiore è che, essendo stati costruiti per uno scopo molto specifico—cioè ospitare le scrivanie dei colletti bianchi—non hanno un’altra evidente utilità.
Inizialmente si supponeva che la risposta al problema potesse essere quella di trasformare queste proprietà in appartamenti residenziali. Purtroppo, è risultato che gli uffici si adattano male alla nuova destinazione d’uso. I collegamenti idraulici ed energetici esistenti non sono adeguati all’uso residenziale e in molti casi i soffitti sono troppo bassi per far passare le nuove tubature e i condotti d’aria. Perlopiù mancano le finestre negli spazi interni—e la popolazione residenziale desidera vedere almeno che tempo fa fuori. Inoltre, se la gente non vuole più venire in centro a lavorare, perché dovrebbe volerci vivere?
Per tutti questi motivi, i progetti di riadattamento a scopo residenziale dei palazzi fatti per ospitare uffici sono quasi tutti fermi: quelli attualmente in corso o ‘pianificati’ riguardano meno del 2% degli spazi al momento vuoti. Il problema comunque non è solo americano, è presente in buona parte dell’Occidente. Londra ne è particolarmente afflitta.
Ha fatto scalpore la recente decisione di Meta—la controllante di Facebook e di Instagram—di pagare una penale da US$ 181 milioni—circa 170 mln di euro—per rescindere un contratto d’affitto per una sede mai occupata nei pressi di Regent’s Park. Il distretto finanziario di Canary Wharf ha livelli di abbandono dei suoi una volta ricercati uffici attorno al 20%.
A questo punto, i grattacieli così caratteristici delle grandi metropoli in molte parti del mondo rischiano di trasformarsi rapidamente in giganteschi—e silenziosi—monumenti alla memoria di un recente passato che ormai non c’è più.
Nota diplomatica di James Hansen
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Biografia dell’autore:
James Hansen è un ex diplomatico di carriera e giornalista. In Italia dal 1975, dopo aver svolto vari ruoli nel servizio estero americano, è stato vice-console degli Stati Uniti a Napoli, per poi passare al giornalismo. Corrispondente di diverse testate tra cui l’International Herald Tribune e il Daily Telegraph, è stato portavoce di personaggi come De Benedetti e Silvio e alla guida degli uffici stampa di Olivetti, Fininvest e Telecom Italia.
Dopo essere stato direttore editoriale di EAST, il periodico di politica internazionale ed economica edito da Europeye, oggi Hansen è presidente di una società di consulenza di relazioni internazionali, con sede a Milano, Hansen Worldwide, che consiglia importanti società e istituzioni; e dirige la News smart settimanale Nota Diplomatica, un’iziativa editoriale che conta migliaia di abbonati.