"Questo è il desiderio più grande: poter sempre dire la dolce parola da tramandare ai figli."

CARMINE Benincasa
Direttore Cahiers D'Art Italia
Edmond Jabés ha scritto: “la luce è nell’assenza che legge” ( ndr. “Il libro delle interrogazioni”, ed. Elitropia, p.27).
Poco prima “un istante basta a prendere coscienza di un secolo (ndr. idem, p. 21) e ancora: “Vedere è traversare gli specchi. In fondo, c’è la notte dell’ultimo astro” (ndr. idem, p.21).
Questa è la situazione che si può trovare oggi nell’universo della produzione artistica.
Già negli ultimi tre decenni l’arte era divenuta un cosmo di schioppettii di fuochi d’artificio. Oggi, l’ultima Biennale di Venezia di recente inaugurata, ne fotografa l’estinzione se non la fine, come decenni fa profetizzava G.C. Argan, famoso storico dell’arte.
Hettie Judah, su Art News, scrivendo della Biennale 2017 si domanda provocatoriamente perché non allentare la tensione con una masturbazione casuale e commenta: “la Biennale di Venezia di quest’anno si sta sfogando con una abbondanza di esposizioni carnali. Dai riti di fertilità pagana alla modificazione estrema dei genitali”, e cita la mostra di James Richards nel padiglione del Galles e il film “quel che indebolisce la carne è la carne stessa” ove si esplora il corpo umano come opera di vita in sé.
Il quotidiano “Il Foglio” di lunedì 26 giugno 2017 a p.1, commenta: “al netto di un persistente tour attraverso gli snapshot di allegri giovanotti che bighellonano a un festival e immagini erotiche scattate su della frutta schiacciata, il film è soprattutto basato nell’archivio fotografico privato di Albrecht Becker. Attore e fotografo arrestato e imprigionato per omosessualità dai nazisti, Becker divenne ossessionato dalla rappresentazione e modificazione del corpo umano”.
Un’atmosfera masturbatoria trasuda il Faust di Anne Imhof.
Continua Il Foglio: “..in mezzo a un generale accavallarsi di scopate pre e post apocalittiche sia umane che scimmiesche nel ciclo Leviatano di Sherad Devood…
Nel suo discorso di apertura nel padiglione dell’Nsk State il filosofo Slavoj Žižek mette in rilievo l’autoflagellazione che accompagna eventi artistici come il Manifesta e la Biennale di Venezia. La distrazione offerta da fantasie libidinose è comprensibile.
Non siamo all’alba di una nuova stagione dell’arte, piuttosto alla camera oscura della penombra della notte.
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